Questa è una storia fantastica, scaturita dalla pluriennale frequentazione della Costa d’Avorio. Dall’amicizia e il dialogo sviluppati con molte persone del luogo che mi hanno raccontato vicende di villaggio.
Dall’osservazione di fatti e di attitudini che compongono una piccola parte dell’immensa babilonia dell’Africa animista.
Non troverete in alcuna carta geografica il villaggio di Akaguie, tanto meno Bember, non vi è alcun fiume chiamato Kabany o Faroa.
Un’ eccezione è data dalle spiagge tormentate di Grand Bassam, dove una domenica pomeriggio, sorpreso da una fortissima risacca, ho rischiato la vita.
Un ringraziamento va quindi indirizzato a coloro che con i loro racconti mi hanno permesso di penetrare questo mondo tradizionale, in particolare:
Ad Akobé Samson e al suo amico Abo con i quali ho trascorso numerosissime serate, davanti a una birra e a un blocco note.
All’amico Jean–Pierre Komenan, con il quale collaboro da anni in diversi progetti di sviluppo.
A suor Marina Delphino, brasiliana, ma da sempre in Africa, che ha voluto rileggere il testo.
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