Passi diaristici ed epistolari
scelti e introdotti da Jean Cook
a cura e con un saggio di Marco Sonzogni
«Be’, questo è un quaderno onesto. Registra tutto ciò che ha contato fra allora e ora… Questo è un quaderno sincero» (4 luglio 1927)
«Piena di entusiasmo, poso la mantellina sugli sterpi perché mi faccia da parasole, mi sistemo sotto e trovo un posto comodo, metto le sigarette a portata di mano (primo segno di debolezza), prendo il quaderno e comincio. So sempre cominciare…» (15 agosto 1927)
«Butto giù i miei pensieri in un quaderno perché non voglio perderli. Devo esprimerli con attenzione o non sarò capace di rievocarli (ma non so esprimerli con attenzione totale, posso farlo solo a metà)» (9 gennaio 1928)
«È la pura verità che il mio unico libro è questo quaderno scritto per me stessa» (28 maggio 1934)
—Irma Brandeis
«Così come non c’era nulla di convenzionale nella vita di Irma Brandeis, allo stesso modo i passi diaristici qui presentati non sono le tipiche annotazioni da diario e la ricerca di elementi di vita quotidiana sarebbe sterile (lo stesso può dirsi, in larga parte, anche per i passi epistolari). Le annotazioni sono ampie pennellate di vita e ciò che si vede è, a volte, solo una frammentata reflessione di un io, del suo tempo e del suo mondo. Mi spingo inoltre a dire che chi conosceva Irma Brandeis e ora legge queste pagine potrebbe incontrare difficoltà a conciliare il senso della persona come la si conosceva con ciò che si ha ora davanti agli occhi. E non mancherà chi resterà stupito dagli intervalli di tempo tra un’annotazione e l’altra e chi si chiederà quali persone e quali eventi abbiano dato vita ad un’annotazione e quali no. A tutte queste persone non resta che immaginare la risposta divertita di Irma alle loro perplessità» (dall’Introduzione di Jean Cook).
“Sono stanca di sentirmi chiedere o sentirmi dire che sono colei che è chiamata Clizia nella poesia di Montale. Chi lo chiede sembra non essere consapevole di chi fosse Clizia, almeno per come la racconta Ovidio. È una scellerata, una donna sospesa in amore e vendicativa. Porta quasi alla morte la sua innocente rivale ed è maledetta dal dio che lei continua ad amare nella sua trasformazione eliotropica. Questa non è la mia storia. Ricorda piuttosto quella di Xenia, ma Xenia ottiene ciò che desidera: incolpandomi, insultandomi, riconquistando favore sia nei confronti della sua rivale sia nei confronti di se stessa.”
—Irma Brandeis (ca. 1980)
Il volto umano di una musa, la sua vita, i suoi affanni di donna vera, la sua lotta contro un’immagine che la vorrebbe cristallizzare. Irma Brandeis (1905-1990): una musa di Montale è una raccolta di passi diaristici, epistolari e di altri scritti inediti della donna che Eugenio Montale (1896-1981) ha reso eterna sotto il nome di Clizia. Nell’opera, curata dall’amica e assistente Jean Cook e da Marco Sonzogni, montalista e comparatista, vengono pubblicati per la prima volta— direttamente tradotti in italiano: impresa particolarmente complessa data la matrice privata e spesso criptica di questo tipo di scrittura e portata a termine da un team di traduttori—pagine di diari e lettere che coprono un arco di tempo che va dal 1925 fino alla morte della Brandeis.
La raccolta aiuta a completare l’immagine di Irma, scrittrice in versi e in prosa, docente universitaria e rispettata dantista, al di là del suo ruolo di musa nella poesia di Montale, integrando idealmente Lettere a Clizia, il volume delle lettere di Montale alla sua musa d’oltremare curato con impeccabile maestria da Rosanna Bettarini e pubblicato da Mondadori (2006).
I diari e la corrispondenza di Irma, corredati da inedite immagini fotografiche, oltre alle speranze e alle ambizioni dell’intellettuale americana, danno anche conto del rapporto con Montale, tanto difficile quanto intenso. E, soprattutto, registrano la sempre maggiore insofferenza della donna ad essere associata a Clizia, una figura mitologica che lei trovava più vicina al carattere della sua rivale “X”: ovvero Drusilla Tanzi Marangoni, la “Mosca”, compagna e poi moglie di Montale.
La raccolta, inoltre, pur con i limiti di una produzione diaristica originariamente non intesa a essere pubblicata e, quindi, a volte allusiva e criptica, ha il pregio di fornire un interessante ritratto del milieu intellettuale americano degli anni Trenta, in continuo viaggio tra l’America e l’Europa. Oltre ai riferimenti al suo rapporto con Montale, negli appunti della Brandeis emergono infatti nomi importanti del mondo della cultura, quali T.S. Eliot, Maud Tousey Fangel, famosa pittrice e illustratrice americana, lo studioso di Shakespeare Samuel A. Tannenbaum, l’italianista Gino Bigongiari (con cui la Brandeis ebbe una relazione giovanile), Glauco Cambon, apprezzato critico letterario che a Montale dedicò due importanti studi, l’editore e traddutore montaliano Jonathan Galassi, e il grande musicista Andrés Segovia.
Spesso citata è anche la scrittrice neozelandese Katherine Mansfield, che Irma non conobbe, ma con cui riteneva di avere un’affinità elettiva.
La raccolta è infine completata da una lirica inedita di Irma. Intitolata ‘Intimità (Impertinence for Montale)’, la lirica fu inviata dalla Brandeis a Montale probabilmente nel 1933, poco dopo il loro primo incontro a Firenze al Gabinetto Vieusseux, a ulteriore dimostrazione del carattere brillante e ironico della Brandeis al di là del suo ruolo ufficiale e passivo di musa montaliana.
Barbara Kay
Espresso — 29 gennaio 2009
UN MUSA PER MONTALE
Di Carla Benedetti
Nel luglio del 1933 un’americana dagli occhi di smeraldo andò al Gabinetto Vieussex e chiese del direttore, che era Eugenio Montale. Aveva letto “Gli ossi di seppia” e ne ere rimasta incantata. Montale se ne innamorò, la immortalò nel personaggio poetico di Clizia, ma la lasciò ripartire da sola, incapace di rompere il suo precedente legame. Su questa storia d’amore durata due estatici conoscevano finora solo i pronunciamenti di lui, poetici e epistolari. Ora sonole parole di lei a arrivarci e a sorprenderci. Clizia, al secolo Irma Brandeis (1905—1990), oltre che dantista e autrice di un importante saggio teologico sulla Commedia (“The Ladder of Vision”), pubblico racconti sul “New Yorker” e altre riviste, abbozzò romanzi mai portati a termine e tenne per tutta la vita un quaderno di appunti. Inedito in inglese, ne escono ora alcune parti in traduzione italiana, scelte da Jean Cook. “profilo di una musa di Montale” (Edizioni Ulivo a cura di Marco Sonzogni) è l’altra faccia delle “Lettere a Clizia” di Montale. Scopriamo qui la ferita subita da questa donna spogliata di realtà e “trasformata in un pretesto di poesia”. Irma annota che dal comportamento di Montale verso di lei si potrebbe trarre un romanzo “nello stile di H.James”, di cui tratteggia velocemente la trama. Ma soprattutto il diario rivela una scrittrice dalla grandi potenzialità, una voce fervida, un’intelligenza inquieta. Viene da chiedersi perché non sia mai emersa. Forse proprio per quell’inquietudine autocritica e auto divoratrice. A farla uscire dall’ombra, o dalla sola luce riflessa monta liana, ha contribuito anche il lavoro di Paolo De Caro(“Jorney to Irma”, Matteo de Meo, 1999), una biografia che riporta anche alcuni racconti.
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