Quattordici stazioni, una sorta di via crucis. Nella seconda parte, “poesie sparse ma non perse”. Un luogo, Ayas, elettivo e dilettissimo a Taioli che gli ha dedicato già altre intense raccolte poetiche. Un titolo, che è un invito: Colligite fragmenta.
Si potrebbe partire da questi elementi per cercare di intendere il senso della scrittura del poeta, della sua cerca, di un peregrinare dettato e vincolato dalla fedeltà a un luogo dell’anima che è anche un luogo della geografia. Un’apertura e un incontro di spirito e natura, giacchè qui, più che in altre raccolte poetiche (penso ad Acque a Cortot), Ayas è soprattutto evocata nei suoi siti naturali, più che nei segni storici del paese e dei suoi abitanti (fa eccezione Challant) – colti, questi ultimi, secondo una movenza profonda della poetica di Taioli, nella prospettiva della partenza, della dipartita imminente, di un distacco doloroso ma improrogabile: dove anche il periodico allontanamento dalla terra amata dell’infanzia e della vacanza assume il tratto di una lacerazione sempre di nuovo bruciante, il disagio della provvisorietà (Tempo di partenza).
dalla prefazione di Luisa Bonesio
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